Che a forza di provare, a volte mi prende la vena… poetica

Starnazzava l’oca nell’aia.

No, non è una poesia; vorrebbe esserlo, ma non è.
E’ l’immagine della vicina che ride sguaiata mentre confabula con la dirimpettaia massacrando con critiche senza diritto di replica  i pochissimi abitanti di quest’ameno paesello montano con il resoconto dettagliato delle loro svelate intimità.

Eppure mi verrebbe voglia di scrivere una poesia, adesso.

Ci sono questi momenti, no? Che una si gode un po’ di silenzio infranto non pensando a niente, standosene seduta in veranda, con il gatto seduto sulle ginocchia, fumando un po’ la pipa che non è una pipa, ma un sigaro toscano che sa di nazionale senza filtro, perché te lo sei fatto su tu, ma troppo carico per essere una sigaretta e con le cartine di carta troppo di carta per essere un toscano. E che avviene, quindi, in codesto momento di placida armonia pomeridiana? Ma ve l’ho detto:

l’oca starnazza nell’aia mentre tu ti senti che vorresti essere un po’ poeta-essa, no?

Te lo senti sto moto poetico che ti poetizza nell’intimo, fremendo sotto pelle come se volesse spoetare in modo spropositato ai quattro venti parole brevi, piene, con senso e significato quantomeno sporadicamente compiuto.

Te lo senti e ti affidi alla Natura per l’ispirazione massima, ai sensi, ti lasci portare, mentre il gatto ti azzanna la falange, esercitandosi nel gioco del “te la stacco! Sta volta ce la faccio e te la stacco!!”

E accade a volte che le foglie degli aceri cadano lente, rallentate al rallentatore, larghe e plananti come le piume del sottocoda delle ballerine gialle, che non sono ballerine, ma uccelli piumati, con il sottocoda piumato pure quello e che si può definire anche in un altro modo, il sottocoda, ma seppur, nonostante l’impegno profuso e le tante virgole, ma senza gli a capo, questa non è poesia, non è il caso di cadere in descrizioni anatomiche che rasentano una terminologia sì tecnica, ma equiparabile a parole che rimembrano, sfiorandolo, il termine sinonimo di sottocoda più volgare e comunemente usato, quello che comincia con “cu” e finisce con “lo”. Hai troppa poesia nell’animo in codesto frangente per imboccare una strada espressiva tanto ovvia e scontata, via!

E ti adagi sulla poltrona, languida, con la falange morsicata e tenuta in posizione di sicurezza, ovvero ad indicare il cielo come il Battista di Leonardo, mentre le volute di fumo grigio si levano voluttuose e sicure di sè, in quanto non espressione buttata lì a caso, ma voluta, perchè profusa e sortita consapevolmente e senza condizionamento o plagio di sorta, dall’animo poetico che ti ispira codesto stanco momento, mentre espiri le volute di fumo grigio, che si involvono in spirali e anelli concentrici, egocentrici, blandi e flemmatici, soffici, placidi, fumosi, come un fumo, grigio che sfuma e si sperde, laggiù, in fondo, verso l’orrizzonte, forse. E l’oca starnazza nell’aia, l’avevo già detto?

Ah, che desìo! Niente di preoccupante, sia chiaro, ma il desìo ce lo metto, ch’è poetico, no? Il desìo ci sta, ci va sempre, altrimenti come si spiega il sentor languido dello struggersi in poltrona col toscano nazionale? Il desìo si propone in taluni frangenti che si rifrangono e come le risacche si ritirano, per poi rinfrangersi di nuovo nuovamente, lentamente, placidamente, ripetutamente e senziente-mente, checché se ne dica. E poi….

E poi niente, che m’è passata la vena… poetica, s’intende.

Eppure, l’oca starnazza nell’aia, ancora, seppur s’è fatto buio e s’ode il freddo della sera, perché se si può dire che si sente il freddo della sera, allora si può pure dire che s’ode il freddo della sera. E sfido, no dico, io sfido chiunque a confutare codesta tesi! E con tale invito nel core, mi reco a medicarmi il dito, che duole! 

 

 

 

Che a forza di provare, a volte mi prende la vena… poetica

51 pensieri su “Che a forza di provare, a volte mi prende la vena… poetica

  1. Lo so che a nessuno verrebbe in mente, ma nel dubbio ci tengo a sottolineare che nel caso specifico l’ispirazione poetica della poeta-essa di cui sopra non scaturì dal tipo di tabacco che i poeti si fumano; no, giusto per evitare facili malintesi. E continuo a sottolineare, essendo salutista, che comunque sia, il fumo fa male… e lo dico per sgomberare ogni dubbio e sopratutto per evitare che lo dica poi qualcun altro… e così via…

  2. Si ecco, non divulgare troppo il “salutismo” che se tutti smettono di fumare i miei clienti sono rovinati…e io con loro. Comunque, così, nel dubbio, io il pacchettino di smoking oro se serve ce l’ho e ci sono pure i filtrini (Rizla, così la pubblicità occulta è completa). Come si dice in questi casi?…ah si, falla girare!
    P:S. post notevole. come sempre.

            1. Allora se anche tutti smettessero di fumare tu potresti lavorare lo stesso, solo non vendi più gli accendini e le pipe! Pazienza! magari ci si inveta qualcos’altro,tipo, che so, una penna stilografica con la saliera o la zuccheriera dietetica incorporata… cose così…

              1. Certo, non c’è problema, tu crea gli articoli e io li piazzo sul mercato. Guarda, potrei tenerti qui fino a domani raccontandoti le acrobazie che faccio per guadagnarmi il pane…tipo….vendere i giocattoli cinesi…ai cinesi, per dire. (Sono soddisfazioni) 🙂

  3. Piuttosto che confutarti, mi schiaccerei le quattro dita della mano mancina nella porta d’ingresso o d’uscita (dipende dalle prospettive), tenedo illeso il pollice, onde sollevarlo a mo’ di gesto d’approvazione a stelle e strisce, che non è il massimo, ma viene da lì o almeno credo, devo chiedere. A chi, non so, non a te, che mi sfumacchi in veranda col gatto in grembo vengo anch’io.

      1. Tu sei così vicina alla luna che le dai del tu. Io le do del tu dopo quattro bicchieri di grappa. Dopo si canta tutti insieme, anzi, si ulula alla luna, qualcuno miagola, altri starnazzano, e altri ancora facciano come meglio credono, siamo o non siamo in una democrazia?

          1. I soliti quattro, peli compresi, l’oca starnazzante (che non se ne può più), Albini che si porta avanti col lavoro dei cesti natalizi e qualche imbucato che tacceremo, seduta stante, di imbucamento.

            1. Se siamo in quattro e possiamo tacciare gli imbucati, allora ci stiamo. Ma Albini potrebbe intrattenere l’oca starnazzante, anche, magari. Secondo me gli piacerebbe, intrattenerla… a lei meno.

  4. “ad indicare il cielo come il Battista di Leonardo”

    No, senti…
    ‘sta citazione…
    solo co’ ‘sta citazione…
    beh…
    poesia pura!

    Parola di poetella (che, ‘nsomma…beh…)
    😉

  5. salutismo e poesia non sono proprio amanti.. penso a Bukowski, tanto per dirne uno che amo.
    ma tu hai scritto una prosa poetica, una specie di arrangiamento improvvisato in stile jazz modale, insomma. quindi sì, è poesia. ho deciso. 😉

    1. Tu sei troppo buona, Nica! Cioè, no, non è poesia. E’ solo un modo come un altro per divertirmi un po’! Giuro! Ma sul fatto che poesia e salutismo non vanno daccordo, mi sa che concordo in pieno. Anche se mi ca tutti devon essere come Bukowski.. anzi, mi sa che nessuno può essere come lui.:)

      1. sono io che vedo poesia pure dove non c’è? ma bene! vuol dire che la mia scelta non-salutista è di comprovata efficacia! 😀

        “Un tempo si credeva che lo zucchero si estraesse solo dalla canna da zucchero, ora se ne estrae quasi da ogni cosa; lo stesso per la poesia, estraiamola da dove vogliamo, perché è dappertutto”.

        (G. Flaubert)

                1. Toitela. Se la riesci a prendere la vinci, come quele che le apendevano suli alberi dela cucagna ale feste campestri, ma erano morte quele e questa le viva, purtropo e starnaza. Tu fai, fai, che poi vedrai chi e che cia ragione.

      1. Perché sbagliato, non sta scritto da nessuna parte che la poesia deve essere per forza in metrica o scritta in un determinato modo. La poesia sta in tante cose che vengono scritte, penso che sia solo necessaria saperla cogliere e ribadisco che qui io ne ho trovata!!!

  6. La baby sitter di mia figlia mi racconta spesso di simili momenti, mentre lavora in pizzeria, talmente concentrata nel non far cadere i piatti (che potremmo paragonare all’ispirazione) mentre intorno a lei accade di tutto, ma proprio di tutto.
    Delle nefandezze serali il ricordo si sveglia solo poco prima di chiudere beatamente gli occhi per la stanchezza, sull’orlo dei suoi inferi.

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