Se riesco, forse ti sto a sentire

Mi sei venuto a cercare, come fai sempre e mi vuoi convincere, lo so, ci sono abituata, ormai.

Ho provato a sollevare le coltri di nubi e nebbia ed i nembi e cumuli nembi che si sono affollati fra le mie convinzioni, ma ho solo due mani, tu mi capisci… non se ne fa nulla nemmeno questa volta, me lo sento, debbo dirtelo.

E’ che, vedi, mi manca la mimica e la metrica, mi mancano le mosse, l’efficacia e l’ efficienza (deficenza?) di chi smuove, di chi smussa e sa miètere e mantenere stabili e fissi i punti fondanti, arrivando al raccolto abbondante a costo di risultare metodico e pedante, ma tuttavia convincente, solido, fermo e determinante, così come tu ben m’insegni.

Nel caso mio specifico, vedi, non vi è risultato degno di nòta; non vi è alcun fulcro fermo, o chiaro intento di manovra; non vi è certezza e determinazione, strategia d’attacco o forza di contraddizione.

Io, di mio, son degna e fiera possidente di  labili svolazzi evanescenti, e friabili convinzioni poco convinte, probabilmente incerte, anche sul conto di loro stesse e di sè medesime, che son poco sagge e ancor meno accorte, per dire, per fare, giusto per non doversi smentire.

Mi dici che ti devo stare a sentire, che mi devi dire, che mi devi indirizzare sulla strada del giusto fare, lavorare, pensare per progredire e produrre per la causa del profitto ad ogni costo e ad ogni buon conto… e mi guardi con sospetto, lo vedo, me ne accorgo, ti faccio dispetto.

E’ che non ci posso fare niente se al cospetto del tuo dire e manovrare e contorto manipolare mi vien da sonnecchiare, gongolare, spiaccicare e spilluccare le olive ascolane che mi fanno tanto amore.

E’ che non ti devi adirare, mio caro; è la reazione dell’ormone che di suo s’indispone. Son donna, come tu ben dici con tono sconfitto e sconsolato, abbi pazienza, mi devi assecondare, lascia fare, lascia che io scorra di mio se non ti so seguire e commiserami pure come sai fare, lasciami meditare!

E’ che c’ho un po’ di limone fra i denti da un po’ di ore; ti prego, non me lo distrarre con le tue invocazioni al lavoro di muscoli e propaganda d’impatto.  Non lo spaventare, il mio pezzo di limone, e lascia che rimanga lì a farmi lavorare il muscolo mio prediletto, quello che non sta a sentire, perchè nel dire ha il suo bel da fare.

Ho ambizioni segrete e difficili da mettere in cornice, mio caro, e mi piace amare e sputare sul ferro forgiato per ferire; figuriamoci a me che mi frega dei tuoi proiettili riempiti di polvere per far soffrire e per far morire!! Mi fan schifo gli affari fatti di catene e codici d’onore e preferisco coltivare le rose, quelle che sanno di limone e nespole, per dire, ma pure per fare.

Ed ora perdonami se son sincera e mi lascio un po’ andare, ma mi hai un po’ seccato con questo tuo dirmi che vita devo fare!

Ma tu vai pure a fare quel che devi fare e per cortesia, continua ad accumulare e quando ti avanza tempo, magari, ogni tanto, fermati un po’ e poi tira lo sciacquone.

Che la tua presenza ha da esser elegante e impeccabile e l’olezzo che lasci devi portartelo dentro, non lasciarlo svolazzare tutt’attorno; lo devi confondere fra le meningi che ti son proprie e fra le evoluzioni gestuali che elargisci da buon buffone, forti nel convincere chi come me non li ha, questi strani e straniti ormoni da divise battagliere e soldati da invasione.

I miei neuroni, vedi, se alle armi son chiamati, rispondono! Ma han da esser battaglie che vincon le guerre contro gli stolti e contro i tronfi fantocci fasulli, e le teste di pallone. Abbi pazienza, ma questi un po’ ti somigliano e a ben guardare, forse ti son fratelli.

Han da esser guerre per costruire e per curare, le mie, per guarire e crescere menti, pensiero e figli forti e di buon cuore. Agli umori e neuroni miei piace battagliare in altri giochi, di quelli che tu non conosci; e son giochi meno sporchi, meno cupi, meno fetidi e spilorci.

Me li metto a far le guerre sulle scacchiere dove si muove Madama Giustizia e Madama Onestà e le porto a far giochi sull’erba a braccetto con Madonna Conoscenza e Madonna Pace; tutta gente che non snobba una bella pizza e si beve birra, se proprio non c’è il martini con le olive e la vodka alle banane.

Ecco, se riesco a fare un buon gioco con questa gente e se invecchiando sarò ancora presente, a me stessa e a quelle svampite delle mie convinzioni un po’ sfatte e propense alle metamorfosi più impressionanti, allora forse, dopo, se non c’ho sonno, magari, se mi ricordo, ti sto a sentire, te lo prometto. Forse, abbi fede, stai pure lì e continua pure a dire.

Se riesco, forse ti sto a sentire